martedì 2 marzo 2021

Pranzo in campagna con scena di saltarello - al Museo di Roma in Trastevere - Opera Vincenzo MORANI

 Al Museo di Roma, in Trastevere, tra le opere in esposizione una particolare segnalazione merita il dipinto di Vincenzo Morani (Polistena 1809-Roma 1870), denominato "Pranzo in campagna" (1856), opera di grande interesse artistico e documentario (rappresenta una gita in campagna durante l’ottobrata romana, festa popolare  dove si mangiava, si beveva e si ballava il saltarello) nuovamente riallestita nelle sale della collezione permanente.

                                                 Pranzo in Campagna con saltarello - 1858 

E'  un dipinto olio su tela del 1858 denominato Pranzo in campagna con scena di  saltarello delle dimensioni di cm. 129 x 137.

                                        Particolare del dipinto "Pranzo in Campagna" 1858

“Dalla tradizione alla contemporaneità. Visioni dalla città che cambia”, che mostra i cambiamenti e le persistenze nella vita sociale e quotidiana romana dall'Ottocento fino agli anni ’80 del Novecento. Chi  avrà l'opportunità di visitare il Museo di Roma in Trastevere potrà ammirare questo delizioso dipinto.

Nelle sale del Museo sono stati evidenziati alcuni degli aspetti più significativi della tradizione popolare romana filtrati attraverso lo sguardo degli artisti che li hanno rappresentati come l’abbigliamento, la religiosità, le feste e i divertimenti come il carnevale, le luminarie e la danza del saltarello, e gli aspetti della vita quotidiana come i mestieri e le attività che era possibile osservare in città.

Nell’opera “Un pranzo in campagna” (Museo del Folklore, Trastevere - Roma), eseguita nel 1850, il paesaggio è rigoglioso e sovrasta sulle figure, che posano in una contenuta composizione d'insieme, con qualche vago riferimento alla “Tempesta” del Giorgione. «Un dipinto – scrive lo storico dell’arte Emilio Lavagnino - che sembra riassumere tutte le esperienze accademiche della prima metà del secolo in Campania. In un paesaggio chiaramente ispirato ad illustri modelli veneziani del primissimo Cinquecento, si svolge una scena in costume. (…) La scena rappresenta un pranzo in campagna, durante il quale mentre un gruppo di villici danza il saltarello un giovane offre un mazzolino di fiori ad una ragazza, suscitando col suo gesto cortese una evidente tempesta di sentimenti nel cuore di un’altra fanciulla. Gli altri intorno, con gesti ed occhiate, commentano il fatto. C'è il tema che vuol essere realistico, come realistici vogliono essere la natura morta con frutta, pane e fiaschi di vino che è a terra sulla tovaglia, il cane, l’asino che porta le provviste ed ogni altro particolare; c’è lo studio delle maschere dei personaggi che malgrado la loro arcadica finezza e convenzionalità vogliono esprimere sentimenti reali. Ma c’è anche l’impostazione irriducibile, teatrale, di tutta la composizione e c’è un accordo cromatico che non ha nulla a che fare con le pretese naturalistiche del pittore il quale, come sì è detto, ha posto l’evento su di un fondale alla giorgionesca con tanto di nubi da temporale in controluce. Una macchinosa adunata di elementi dell’accademia purista e dei romantici di soggetto, che certo apparirebbe piuttosto noiosa ove non riuscisse ad interessare e perfino diventar piacevole e divertente per la stessa ingenuità delle manifestazioni».


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