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martedì 12 marzo 2024

Il busto marmoreo di Mons. Giovanni SCOTTI arcivescovo di Rossano -opera di Vincenzo JERACE

 Il busto marmoreo di mons. Giovanni Scotti arcivescovo di Rossano (1918-1930)



In Italia l'esigenza di eternare la memoria di personaggi illustri e importanti momenti della storia risale all'Umanesimo; ma fu nell'Ottocento che la celebrazione di figure del passato, attraverso la statuaria, si diffuse in modo capillare. In quest'ottica anche la città di Rossano (CS) dedicò busti, statue e lapidi a personaggi minori ma, comunque, degni di essere ricordati nel tempo. Il volume non ricostruisce soltanto la storia che ha portato alla realizzazione del busto marmoreo dedicato a mons. Giovanni Scotti, Arcivescovo di Rossano (1918-1930), ma anche quella complessiva di una cittadina alla cui evoluzione culturale la sua figura ha contribuito in modo concreto e decisivo. Mons. Giovanni Scotti (n. Barano d'Ischia 18/3/1874 m. Procida 17/10/1930) fu Arcivescovo di Rossano dal 1918 al 1930. "L'opera di Mons. Scotti è scritta a lettere d'oro nel cuore di tutti gli abitanti della Diocesi di Rossano, di cui egli seppe cattivarsi l'animo con bontà, con la parola ardente, con la carità inesauribile e con lo zelo pastorale, che non conobbe mai soste" (Francesco Russo, "Cronotassi dei Vescovi di Rossano", Rossano 1989, p. 210). "Mons. Scotti rimarrà nella storia ecclesiastica e civile di Rossano come l'Esemplare" ("Nuova Rossano", (XVII), n. 20del 30 ott. 1930). L'amore e il rispetto di Rossano verso l'Arcivescovo si appaleserà con la costituzione, su proposta dello scultore Vincenzo Jerace, e grazie all'intervento di Mons. Nicola Altavista, , del Dott. Francesco Pisani e di Giuseppe Rizzo Direttore del periodico "Nuova Rossano", di un Comitato per un busto marmoreo atto serbarne degna e perenne memoria. Questa serie ripercorre i momenti più significativi della "vicenda", ma per avere un quadro completo è necessario esaminare la corrispondenza fra Vincenzo Jerace e Francesco Pisani (classe I). Vincenzo Jerace, "scultore, pittore, zooplasta, decoratore, architetto, orafo e letterato - Cfr. Luigi Piatti in "Prima mostra regionale d'arte", Roma, 1926, p.5 - apparisce sempre un vittorioso animatore della materia che per lui non ha segreti" calabrese d'origine, era nato a Polistena (Reggio Calabria) il 5 aprile 1862; "figlio di Fortunato e Maria Rosa Morani e fratello di Francesco e Gaetano Jerace, rispettivamente scultore e pittore. Studiò nell'istituto di Belle Arti di Napoli. Espose per la prima volta alla Mostra Nazionale di Torino nel 1880. In seguito fu presente nelle principali esposizioni... Fu professore onorario nell'Istituto di Belle Arti di Napoli, socio corrispondente dell'Accademia di Brera, socio corrispondente della "Secessione" di Monaco di Baviera. Visse e operò a Roma, dove morì il 22 maggio 1947" (Raffaele De Grada, "Radiolarie. Vita e opera di Vincenzo Jerace", p. 6).
Questa serie permette di avere un quadro ben preciso della "presenza" in Rossano dell'artista di Polistena e dei rapporti intercorsi con l'Ispettore delle Belle Arti Francesco Pisani - che si appalesano con la realizzazione del monumento ai caduti nella "Grande Guerra" e il busto marmoreo dell'Arcivescovo Mons. Giovanni Scotti.

Opera in marmo bianco delle dimensioni 80 x 68 

Chiesa Parrocchiale San Giovanni Battista Cineto Romano - Busto del Card. Filippo Giustini - F Jerace

 COMUNE di CINETO ROMANO

La Chiesa Parrocchiale di San Giovanni Battista

Dai rigorosi tratti architettonici, la chiesa parrocchiale di Cineto Romano è un bell’edificio situato in piacevole posizione e dedicata a San Giovanni Battista. L’interno è a tre navate, divise da possenti pilastri, nella parete di fondo della nave centrale, spicca una pregevole tela raffigurante San Giovanni Battista nel deserto le cui fattezze riproducono un modello locale, opera del Cavalier Vincenzo Manenti, (1600-1674) artista nativo di Orvinio, che eseguì tra le altre, alcune pitture nel Duomo di Tivoli.



Nel pilastro centrale della navata, vi è il monumento al Cardinale Filippo Giustini, effigiato in un busto bronzeo, opera dello scultore Polistenese Francesco Jerace (1854-1937), inaugurato con solenne ed inusuale cerimonia il 7 febbraio 1927. La navata laterale di destra ospita la cappella dedicata a San Rocco, il cui culto ebbe inizio con la peste del 1635, insieme agli altari di Sant’Agata, Sant’Andrea Apostolo e Sant’Antonio da Padova. Nella navata di sinistra trovano posto gli altari della Madonna del Carmine, della Crocifissione, San Luigi e San Giovanni Batista. Di bella fattura è la tela raffigurante la Madonna in trono con bambino e santi, databile tra ‘600 e ‘700.

Il gesso si trova presso il Santuario di Polsi in Calabria, nel  Santuario di Polsi in Aspromonte

In una valle dell’Aspromonte, nella provincia di Reggio Calabria, in località di Polsi, vicino San Luca, sorge un antico Santuario dedicato alla Vergine. La tradizione popolare fa risalire la fondazione del Santuario al 1144 e si narra come l’icona della Vergine reggente il Bambino, sia sopraggiunta in modo del tutto miracoloso in quella valle coperta di boschi, dove un vitello, per tanto invano cercato dal suo guardiano, fu alla fine da questi rinvenuto inginocchiato dinanzi ad una croce. Ed in questo luogo fu edificato il piccolo tempio nel quale si venera anche un’antica croce greca prodigiosamente rinvenuta.

A tale proposito è tuttora possibile leggere sullo stipite di una porta le seguenti parole: “POSTQAUM ERUIT ADORAVIT 1144”.Già nel 1911 Mons. Giosafatte Mittiga, rettore del santuario, superando molteplici ostacoli, riuscì a collegare Polsi al mondo intero mediante un ufficio postale telegrafico-telefonico e volendogli dare la protezione di un Porporato, fattane istanza al Sommo Pontefice Benedetto XV, egli assegnava come Protettore l’E.mo Cardinale Filippo Giustini. Manifestando la piena approvazione, Il popolo Calabrese inviò all’illustre Porporato, in occasione del suo onomastico, un busto in bronzo, pregevole opera d’arte dello scultore di Polistena Francesco Jerace. Esso è posto su un basamento di pregiato marmo calabrese, recante l’immagine della Madonna di Polsi e fu sistemato su di una stele, tuttora conservata presso la cappella privata del Cardinale riportante la data del 26 maggio 1917.



L’esterno della chiesa parrocchiale (anni ’20)





Giovan Battista VICO - bozzetto in gesso F Jerace

Jerace Francesco (Polistena, RC 1853 – Napoli, 1937) Giambattista Vico, bozzetto in gesso h cm 70




Nella scultura dell’Ottocento il gesso assume un’importanza sostanziale divenendo nel percorso degli artisti italiani ed europei l’unico originale cui fare riferimento anche a distanza di tempo nella realizzazione di nuovi esemplari di una stessa opera. Il gesso verrà conservato negli atelier degli scultori e diverrà lo spunto per successive riflessioni. Il fascino di questo materiale conquistò presto

anche i collezionisti tanto che nelle grandi esposizioni venivano spesso acquistate direttamente le opere presentate in gesso dagli artisti, senza ricorrere a successive commissioni in marmo o in bronzo. Anche la critica, soprattutto nella seconda metà del secolo, vi si soffermava di

continuo sottolineando l’attenzione al vero, la perizia nell’esecuzione e soprattutto la potenza dell’espressione e del movimento che il gesso, meglio di altri materiali, riusciva a rendere. Tra i più importanti scultori italiani dell’Ottocento, intensamente produttivo e presente in molti altri stati anche oltre Europa, Francesco Jerace raggiunse in vita una fama internazionale. Formatosi nell’epoca del realismo integrale, la maggiore linea di tendenza a Napoli all’inizio degli anni Settanta, trovò nell’incontro con la lezione classica prima di Michelangelo e poi di Bernini il suo più schietto indirizzo che divenne un’alternativa valida in Italia per tutti gli ultimi vent’anni del secolo. Le due statue del Gabriele Pepe e del Giambattista Vico consistono in due bozzetti della prima idea di due differenti opere eseguite poi nel lavoro finale stravolgendone l’originario impianto compositivo. Questo ci riconduce al processo creativo di Jerace: un’idea espressa di getto nella creta o nel gesso, ripresa, ripensata, mutata fino al raggiungimento dell’opera definitiva. Il Gabriele Pepe, originariamente su un piedistallo anch’esso in gesso, ripropone nell’impostazione della figura virile il Gioacchino Murat di Giovan Battista Amendola, poi trasformato nel più statico monumento in bronzo di Campobasso; il Vico fu riproposto in uno splendido busto in terracotta oggi al Museo Civico di Castel Nuovo di Napoli. La Predicazione di Cristo, sicuramente immaginata sull’idea morelliana del bozzetto inteso come estrinsecazione di energia e pathos, fu un modello impiegato in diversi monumenti, fra i quali il Cristo Sarli di Poggioreale di Napoli.


mercoledì 28 febbraio 2024

Pastello che raffigura G. Martucci a Palazzo Antignano a CE opera di F. JERACE

A Palazzo Antignano a Capua CE troviamo questo delizioso pastello che raffigura Giuseppe MARTUCCI compositore, pianista e direttore d'orchestra.

Martucci fu tra i pochi autori italiani del suo tempo a non comporre opere teatrali, questo per evidente reazione al mondo musicale italiano dell'epoca, ancora orientato in modo quasi esclusivo verso il melodramma; ciononostante, Martucci fu tra gli artefici della prima esecuzione in Italia del Tristano e Isotta di Richard Wagner, avvenuta a Bologna nel 1888. 



Il 25 maggio 1879 sposa Maria Colella alla quale aveva dedicato "Secondo Capriccio" (composizione: Napoli, 30 marzo 1872), "Prima barcarola" (composizione: 22 agosto 1874), "Sinfonia n. 1 in re minore" (composizione: Bologna, 1º gennaio 1889 - Castiglione dei Pepoli, luglio 1895) e "Sinfonia n. 2 in fa maggiore" (composizione: luglio 1899 - 11 settembre 1904). La donna rimasta vedova, ottenne una pensione annua di lire 3.000 nel 1910 (Legge 272 del 19 maggio 1910, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 129 di venerdì 3 giugno 1910).

Alcuni degli oggetti e dei documenti a lui appartenuti sono ora conservati al Museo Provinciale Campano, nella sua cittadina natale.

martedì 27 febbraio 2024

Pescatori a Napoli - Olio su tavola di Gaetano JERACE

 JERACE GAETANO

Polistena (Reggio di Calabria) 1860 - Napoli 1940

il dipinto raffigura pescatori a Napoli, olio su tela delle dimensioni di 23 x 30 



Pittore di paesaggio, si formò all'Accademia di Belle Arti di Napoli. Dopo una prima fase che dedicò a soggetti cittadini, ritrasse il golfo di Napoli e le isole (Capri, Roma, Palazzo di Montecitorio). I suoi dipinti, spesso di formato orizzontale, si distinguono per la freschezza dei colori e per la resa sintetica. Risentì dell’influenza prima delle marine di A. Pratella, poi della pittura soffusa del secondo F. Rossano. Espose fra l’altro a Napoli (1883; 1891; 1897; 1911; 1916-1917), a Roma (1883; 1902), a Milano (1886) e a Catanzaro (1912, Panorama di Polistena dopo il terremoto). Dei fratelli Vincenzo e Francesco, entrambi scultori, il secondo fu anche pittore e grafico: trattò il paesaggio, avvicinandosi al naturalismo di Gaetano (La vallata dei Mulini di Amalfi, coll.privata), le scene di genere, i soggetti sacri e i ritratti.

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