Il Terremoto del 5 febbraio 1783
fu uno degli eventi sismici più devastanti della Storia d'Italia meridionale, parte di una serie di scosse che colpirono la Calabria e parte della Sicilia tra il febbraio e marzo di quell'anno.
Questo evento inaugurò una sequenza sismica durata diversi mesi, causando distruzioni su larga scala e un altissimo numero di vittime.
Erano le ore 13,00 circa quando gli abitanti hanno avvertito la scossa sismica stimata tra 6.9 e 7.0 sulla scala Richter (stima moderna basata su studi storici e geologici.
L'Epicentro probabilmente localizzato nella Piana di Gioia Tauro vicino alla mia Polistena, ma l'area colpita fu molto ampia.
POLISTENA fu completamente distrutta. Le fonti storiche descrivono la città come rasa al suolo, con pochissimi edifici risparmiati. Molti dei suoi abitanti morirono schiacciati sotto le macerie.
Si stima che nella sola Polistena morirono migliaia di persone con effetti devastanti sul territorio, infatti, vi sono stati fenomeni di liquefazione, con il suolo che si comportava come un fluido, causando il crollo degli edifici anche dove il terremoto era meno violento, frane che cambiarono la morfologia del paesaggio, modifiche del corso dei fiumi e la formazione di laghi temporanei.
Questo terremoto fu solo il primo di una serie di cinque fortissime scosse che colpirono la Calabria tra febbraio e marzo 1783. La sequenza sismica causò in totale oltre 30.000 vittime e modificò profondamente il tessuto urbano e sociale dell'intera Regione.
Dopo il disastro la Calabria fu oggetto di un vasto programma di ricostruzione sotto il Regno di Ferdinando IV di Borbone. Le città furono spesso ricostruite con criteri urbanistici più moderni e strutture più resistenti ai terremoti.
L'evento lasciò un segno profondo lla memoria collettiva Calabrese, ispirando cronache, racconti e studi scientifici sul fenomeno sismico.
Le cronache dell'epoca ci offrono descrizioni drammatiche degli eventi. Molti resoconti provengono da Religiosi, Funzionari Borbonici, e viaggiatori che visitarono la Calabria dopo il terremoto.
GIOACCHIMO MURAT, durante un'ispezione successiva agli eventi (anche se anni dopo il terremoto) descrisse POLISTENA come una città fantasma dove le macerie erano ancora visibili e le strutture provvisorie dominavano il paesaggio.
PADRE STEFANO MARINI, un frate cappuccino presente nella zona, scrisse di “un boato infernale, simile al ruggito di mille tuoni” seguito da un'oscillazione violenta che fece crollare chiese, case e palazzi in pochi istanti.
GIUSEPPE MARIA GALANTI, noto economista e viaggiatore, raccontò delle strade invase da macerie e dei corpi che giacevano tra le rovine, con i sopravvissuti che cercavano di scavare a mani nude per salvare i parenti intrappolati.
Le testimonianze evidenziano anche il panico collettivo e la convinzione di molti che si trattasse della “fine del mondo” , una percezione comune in epoche in cui i fenomeni naturali erano spesso interpretati in chiave religiosa.
La ricostruzione fu finanziata in parte dallo Stato Borbonico, che invitò architetti e ingegneri militari per sovrintendere ai lavori.
Il terremoto del 1783 non fu solo una tragedia, ma anche un catalizzatore di cambiamento della Calabria:
Stimolò studi scientifici sui fenomeni sismici, gettando le basi per la sismologia moderna in Italia.
Modificò profondamente la struttura sociale, poiché molte comunità dovettero riorganizzarsi dopo la perdita di intere generazioni.
Lasciò una eredità culturale che ancora oggi è viva nella memoria collettiva Calabrese, con racconti tramandati di generazione in generazione.
Carmelo PULEIO@ Copyright
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