martedì 7 novembre 2017

La Chiesa Matrice di POLISTENA

Chiesa Matrice
La Chiesa Matrice cittadina, risale intorno al XVI Sec. Di forme barocche, è stato ricostruito dopo il terremoto del 1783 ,successivamente, ristrutturato ed ampliato nel 1852, restaurato e decorato nel 1884, e negli anni successivi.
La facciata è adornata da paraste e cornici col fastigio terminante a cuspide. 
Il portale barocco, con stipiti litici, la torre campanaria a pianta quadrata.
L’interno  è a tre navate  divise da pilastri e con volte e custodisce una vigorosa opera cinquecentesca a bassorilievo che in 14 figure in marmo, del sec. XVI di animosa plastica rinascimentale rappresenta : Pala marmorea, ( Monumento Nazionale) che raffigura la deposizione della Croce di N.S.  Gesù Cristo, datata a. 1503 è attribuita a Giovanni Merliani da Nola detto Giovanni da Nola, in suntuoso fastigio con colonne joniche, trabeazione, fregio scolpito, cimasta con Dio Padre, mensa con gradini, ciborietto templare (cinquecentesco, restaurato), lapide iscritta (con la narrazione delle vicende della insigne pala, dal Sec. XVI al Sec. XVIII).
Inserita in un grande altare posto alla parete di fondo del transetto destro, ad altorilievo ma con figure che tendono quasi al tutto tondo. La scena organizzata su due ampi registri in corrispondenza tra loro, la Vergine sorretta dalle pie donne e la figura del Cristo quasi schiodato, si compone di 14 figure i cui movimenti plastici, di una forte tensione muscolare hanno evidenti stilemi michelangioleschi. Inoltre la scena è molto ricca di significati e deriva da un modello iconografico ben noto nel 500 dove nulla era casuale. Interessante è ancora la simbologia qui presente che si deve far risalire ad una tradizione figurativa antica. Il numero 7 delle figure in entrambi i registri, ricondurrebbe alla tradizione cabalistica che vede in questo numero (3+4) il numero perfetto, mistico, il simbolo dell’unione tra il dispari e il pari, il maschile e il femminile.Allo stesso modo accanto alla croce appaiono gli antichi simboli del sole e della luna ad indicare la ciclicità del tempo naturale superato dall’eternità divina.
Di notevole interesse è la Campana maggiore fusa nella stessa Polistena, il 1700 per Girolamo Olita da Vignola.
Abside decorata dal pittore Ugo Borgese 1962.
Altare del Sacro Cuore in noce, con fastigio ligneo di stile moresco, opera di G. Silipo (Sec. XIX). Fra le dotazioni del tempio: Santa Marina, statua lignea settecentesca di bottega meridionale. San Michele, statua lignea a tutto tondo e a tutta figura, opera ottocentesca di artisti Polistenesi. Madonna della Lettera, icona rinascimentale dipinta ad olio su tela, con adattamenti del Sec. XVII (mani della Vergine e mani e piedi del Bambino “a rilievo”.Manto della madonna e del figliuolo in lacrime argentee sbalzate (1774).
 Statua di Santa Marina nel prospetto principale esterno

La Cena, tela dipinta ad olio, opera ottocentesca di Francesco Jerace (quadro in ricca cornice, nella Cappella del SS. Sacramento).
La Resurrezione di Lazzaro, affresco di Carmelo Zimatore delle dimensioni di 4,00 x 6,00 (nel soffitto cassettonato della navata mediana).
Fonte battesimale ligneo intagliato templiforme, con colonne e cuspide figurata (1782).
Il Coro ligneo eseguito dai germani Giuseppe e Giovanni Silipo, (famosi ebanisti Polistenesi dell’ultimo 800) con 32 stalli intagliati ottocenteschi.
Tondi a monocromato, del pittore ottocentesco Grillo.

la Chiesa Matrice, ingresso principale

Abside Opera di Ugo Borgese

Il soffitto della Chiesa realizzato in cassettoni di legno è opera dei fratelli Mancuso, ebanisti Polistenesi, al centro del soffitto vi è un dipinto ad olio su tela delle dimensioni di mt. 4 x 6 di Carmelo  Zimatore, raffigurante la “Resurrezione di Lazzaro”.
Interessanti le vetrate artistiche dell’artista Polistenese Giuseppe Niglia e le tavole in bronzo della Via Crucis.
Processioni: Santa Marina protettrice di Polistena , San Rocco, la processione del venerdi Santo del Cristo in Croce e la domenica il Cristo con l’affruntata.  
  

parte alta della pala marmorea

Posso affermare secondo le mie ricerche che l’autore della Pala Marmorea di Polistena è senza ombra di dubbio dello scultore GIOVANNI MERLIANO detto Giovanni da Nola, nell’arte raffigurativa ha rappresentato il Rinascimento anche nell’arte, a Napoli sicuramente era più affermato che a Nola.
Le sue opere in legno ed in marmo furono numerose e pregevoli e danno la misura esatta della valentia del grande artista Nolano.
Fu discepolo di Pietro Belverte che si faceva chiamare il Veneziano, e da questi imparò l'arte di intagliare il legno.Dopo aver lavorato per circa dieci anni nella bottega del suo maestro, dal 1510 incominciò ad operare da solo.
E’ suggestiva l’idea che il Merliani ha collaborato con Fra Giovanni Angelo MONTORSOLI a Nola nella realizzazione dei tre pastori. Secondo la lapide apposta sul lato destro dopo la restaurazione della pala marmorea, si precisava che la pala è stata trovata su una barca in un naufragio di marinai che trasportavano questa meravigliosa opera d’arte, è stata recuperata e conservata da un privato cittadino per diversi anni nella propria abitazione e poi successivamente trasportata a Polistena e sistemata nella ex Chiesa di Santa Maria distrutta dal terremoto del 1783, attribuendo  l’opera a scultori del messinese, a Messina in quel periodo, dalla scuola Michelangiolesca operava con bravura Fra Giovanni Angelo Montorsoli firmando opere importanti nel  Duomo di Messina e nella città di Messina e si pensava che l’opera fosse sua, ma dai studiosi di Giovanni Merliano detto Giovanni da Nola dicono espressamente che l’opera è sua, io aggiungo e se nel periodo che i due artisti hanno lavorato insieme a Nola nella esecuzione dei tre pastori, si potrebbe ipotizzare che l’opera della Pala Marmorea di Polistena sia stata eseguita da entrambi.?
Nel 1517 eseguì per i monaci di Monte Oliveto una Crocifissione. Nel 1519 eseguiva per Jacopo Sannazaro un presepe contenente molte figure, nella chiesa di Santa Maria del Parto a Mergellina. Di quest'opera restano soltanto cinque figure mal conservate: la Vergine, San Giuseppe, un pastore che regge un cestello, un altro che porta un agnello ed un terzo in atto di adorazione.
Tra il 1519 ed il 1520 eseguì sempre in legno uno dei suoi migliori lavori, un «Ecce Homo», che fu trovato in un deposito ed ora trovasi nella chiesa di Santa Chiara in Napoli. In quest'opera egli superò se stesso, raggiungendo una perfezione oltre alla quale non potrebbe più andare.Nella stessa chiesa di Santa Chiara eseguì dopo circa dieci anni un vero capolavoro: il monumento funebre di Antonia Gaudina morta a 16 anni nel giorno delle nozze.
Nella cattedrale di Belping in Spagna si ammira ancora oggi un monumento marmoreo dell'ammiraglio della flotta spagnola, Cardona, morto in giovane età. Esso fu fatto erigere dalla moglie a Napoli nel 1524/25 ed in seguito smontato e trasportato in Spagna.
Il Merliano eseguì lavori anche in Calabria, a Polistena, nella chiesa di Santa Maria. Egli scolpì una Pala (grande tavola di marmo), posta sull' altare maggiore rappresentante « La Deposizione ».
Seguì tutta una serie di opere non tutte però dotate di talento artistico. Fra le opere che eseguì a Nola restano soltanto un San Girolamo ad alto rilievo che si conserva nell'appartamento privato del Vescovo di Nola, ed un San Giovanni Battista.
Sull'arte di Giovanni Merliano i pareri dei critici sono stati e sono discordi. Qualcuno, come G.B. Armerini lo definiva il «Michelangelo Partenopeo » per una certa sua maniera di disegnare; qualche altro invece, come il Vasari, mentre lo definiva « scultore meraviglioso », non esitava poi a dire che la sua arte era di buona fattura, ma con non molto disegno. Entrambi esagerarono e sono in errore perché il giusto è sempre nel mezzo tra l'eccesso ed il difetto. Comunque il Merliano è senz'altro un artista degno di nota e può essere considerato il più valente fra gli scultori meridionali del Rinascimento. La sua arte è il frutto più genuino di una coscienza artistica educata al classicismo.
Egli nacque a Nola da Giuseppe e da Eleonora Cortese nel 1487. Morì a Napoli nel 1558 e riposò per sempre nella chiesa di San Lorenzo. Sulla tomba vi è un'epigrafe di Luigi Tansillo che così aveva cantato di lui in un sonetto:
Quando dopo mill'anni, e mille lustri, Andran la gente ad onorar la tomba, Giovanni, ond'oggi il nome tuo rimbomba Sovra quanti fur mai scoltori illustri,
Beata man, che col martello illustri
Le glorie altrui, più ch'altri con la tromba Diran, pura per l'aria qual colomba
Voli tua fama, e 'l mondo corra e lustri. Lodando ammireran l'alta scoltura Che rende un marmo nudo via più caro Di quante gemme il mar tutto dar possa.
Ma via più loderan l'alta ventura Del marmo, che le stelle destinaro Ad esser tomba di sì nobil ossa.
Ritratto dipinto da N. Verzighelli, 1902 (collez. arch. Ugo Palo)











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