martedì 7 novembre 2017

il Santuario della SS. Trinità a Polistena

Il Santuario della SS. Trinità di Polistena 

Rappresenta il Monastero e la presenza dei frati brasiliani in Polistena, infatti, nella vicina abitazione dei Valensise pare ci sia stato un Monastero dei frati Basiliani.
Dell'originale edificio si hanno notizie già dal 1541, quando fu aggregato alla Basilica Lateranense di Roma, poi esso fu raso al suolo dal disastroso terremoto del 1783. Ricostruita poco dopo, la chiesa, a navata unica, esternamente si presenta con facciata a due piani con due ordini di colonne granitiche (opera di Raffaele Rovere, capo-mastro Polistenese dell'800), per la muratura perimetrale, mentre la facciata fu realizzata partendo dai disegni di Francesco Morani (1804). Le colonne granitiche furono invece montate dal padre di Francesco Jerace.
Delle opere rimaste, interessanti sono la tempera su tavola raffigurante la Madonna dell’Itria, di ignoto “Madonnaro” della fine del sec. XVI e la tempera su tavola raffigurante la SS. Trinità, attribuita a Giovan Battista VALENSISE (1824 – 1859).
L’Opera più importante rimane la statua della Madonna dell’Itria , opera dello scultore Vincenzo Scrivo di Serra San Bruno, realizzata tra il 1798 ed il 1799 restaurata dall’artista Polistenese Giuseppe Pesa nel 1996. Nell’anno 1997 la Diocesi di Palmi – Oppido eleva la Chiesa della Trinità a Santuario Diocesano, con il titolo “Santuario di Maria SS. Dell’Itria” e nel Giubileo del 2000 è indicata nel segmento Turistico di visite Spirituali.
Il Santuario è luogo di forte preghiera spirituale, 
il sito particolare della Chiesa ha una ampia bellavista, da dove si può contemplare la lussureggiante distesa della Piana di Gioia Tauro, il vicino profilo luminoso del mar Tirreno dove si intravedono ad un tiro di schioppo le altissime gru del Porto di Gioia Tauro e non solo, nelle giornate limpide possiamo ammirare le Isole Eolie e la vicinissima Stromboli più vicina alla Calabria che alla Sicilia.
Una lapide in marmo affissa sul lato dx della Chiesa recita:

Curas noerentes linque, eia animique dolores:
Montes, Neptumumque vides, et munera campi.
Manfrè Sid. MDCCCX.



Una volta durante la festività  dell’Itria venivano benedette le autovetture con una sfilata delle auto e dei ciclomotori, accompagnati dalla sirena dei Pompieri.
antica foto della Madonna dell'Itria 

La festa dell’Itria, nella tradizione popolare cittadina fa ballare i Giganti il re e la Regina seguiti da tamburi e grancassa al ritmo di 6 ottavi 
Statua della Madonna dell'Itria restaurata


Vi sono inoltre un portale in pietra e una vistosa cupola di piastrelle maiolicate policrome. La cripta conserva i resti di numerosi illustri cittadini legati alla Confraternita; nella navata di sinistra, sotto il gruppo statuario della Deposizione, è visibile la sepoltura di Donna Ottavia Valensise Fazzari (S.Giorgio M. 1829- Polistena 1861), moglie prematuramente scomparsa del musicista Michele Valensise (1822-1890) e molto amata in paese per le sue numerose opere caritatevoli.
All'interno si conservavano una serie di "tesori", alcuni dei quali però andarono distrutti o seriamente danneggiati a causa dell'incendio del 22 maggio 1988, causato da un probabile corto circuito partito dal soffitto in legno a cassettoni (opera dell'ebanista polistenese Francesco Mancuso nei primi anni del Novecento, è stato ricostruito ex novo nel restauro della chiesa), per poi propagarsi alle altre strutture.
Malgrado i lavori di ripristino conclusi nel 1996, la chiesa oggi si presenta rimaneggiata; tuttavia all'interno si conservano varie opere, tra cui: una piccola icona posta sull'altare maggiore raffigurante la Santissima Trinità, ed è copia in dimensioni ridotte del quadro originale del pittore locale Giovan Battista Valensise (1824-1859), rubato dalla chiesa tanti anni fa; l'altare maggiore in marmi policromi fu ricostruito nel 1871 per volontà dell' Arcivescovo Domenico Maria Valensise (1832-1916) e proviene dall'antico convento dei Domenicani, distrutto nel terremoto del 1783. L'altare ha subito importanti danni nell'incendio del 1988 ed è stato restituito allo splendore originario dopo un lungo e difficoltoso restauro.
Continuando la descrizione delle opere d'arte della chiesa, da segnalare un quadro di Brunetto Aloi del 1852 rappresentante la Madonna dell'Itria, attualmente non custodito in chiesa, così come una tempera su tavola della fine del XVI secolo sempre raffigurante la Madonna dell'Itria, e di ignoto "madonnaro" locale; un imponente gruppo statuario ligneo della Madonna dell'Itria, opera dell'artista serrese Vincenzo Scrivo del 1798, e che fu eroicamente strappato alle fiamme del suddetto incendio da alcuni giovani Polistenesi, ancor prima dell'intervento dei vigili del fuoco (tale gruppo statuario viene portato trionfalmente in processione la seconda domenica di luglio per l'omonima festa); un altro imponente gruppo statuario in legno e cartapesta raffigurante la Deposizione (in dialetto "Schiovata"), in cui la scultura del crocefisso è opera di Francesco Morani mentre le altre statue in cartapesta furono modellate da Vincenzo Morani, e un tempo la "Schiovata" veniva fatta uscire il venerdì santo (la processione non si svolge più già da parecchi decenni per problemi organizzativi); un artistico pergamo in ferro battuto del 1885 (opera dell'artista polistenese Francesco Tripodi); le statue di san Giovanni Battista (con annesso altare in stucchi di Francesco Morani fatto a devozione del padre di Francesco Jerace nel 1859, alla base è annessa targa che lo dimostra), santa Lucia, san Raffaele e san Francesco d'Assisi, scolpito sempre dal Morani nel 1854. 
Infine dopo l'incendio sono stati installati sulle mura perimetrali (in gran parte rivestite anch'esse di marmi policromi) dei quadri con i momenti della Via Crucis.
Piazzale Trinità
Tra le opere distrutte, da menzionare il coro in legno, non più ricostruito, e soprattutto la grande pala d'altare del messinese Natale Carta, raffigurante sempre la Madonna dell'Itria, sostituita da una parete bianca al cui centro è stato posto un grande Crocefisso in legno e cartapesta con le braccia del Cristo mobili, restaurato nel 2015, che fino ad alcuni decenni fa veniva usato durante la funzione liturgica dell'agonia il Venerdì Santo.




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