JERACE FRANCESCO (Polistena, RC 1853 – Napoli, 1937) Predicazione di Cristo
bozzetto in gesso, h. cm 47
Nella scultura dell’Ottocento il gesso assume un’importanza sostanziale divenendo nel percorso degli artisti italiani ed europei l’unico originale cui fare riferimento anche a distanza di tempo nella realizzazione di nuovi esemplari di una stessa opera. Il gesso verrà conservato negli atelier degli scultori e diverrà lo spunto per successive riflessioni. Il fascino di questo materiale conquistò presto anche i collezionisti tanto che nelle grandi esposizioni venivano spesso acquistate direttamente le opere presentate in gesso dagli artisti, senza ricorrere a successive commissioni in marmo o in bronzo.
Anche la critica, soprattutto nella seconda metà del secolo, vi si soffermava di continuo sottolineando l’attenzione al vero, la perizia nell'esecuzione e soprattutto la potenza dell’espressione e del movimento che il gesso, meglio di altri materiali, riusciva a rendere. Tra i più importanti scultori italiani dell’Ottocento, intensamente produttivo e presente in molti altri stati anche oltre Europa, Francesco Jerace raggiunse in vita una fama internazionale. Formatosi nell'epoca del realismo integrale, la maggiore linea di tendenza a Napoli all'inizio degli anni Settanta, trovò nell'incontro con la lezione classica prima di Michelangelo e poi di Bernini il suo più schietto indirizzo che divenne un’alternativa valida in Italia per tutti gli ultimi vent'anni del secolo. La Predicazione di Cristo, sicuramente immaginata sull'idea morelliana del bozzetto inteso come estrinsecazione di energia e pathos, fu un modello impiegato in diversi monumenti, fra i quali il Cristo Sarli di Poggioreale di Napoli. Le due statue del Gabriele Pepe e del Giambattista Vico consistono in due bozzetti della prima idea di due differenti opere eseguite poi nel lavoro finale stravolgendone l’originario impianto compositivo.
Questo ci riconduce al processo creativo di Jerace: un’idea espressa di getto nella creta o nel gesso, ripresa, ripensata, mutata fino al raggiungimento dell’opera definitiva.
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