lunedì 22 giugno 2015

Polistena ed il Talento Artistico e Artigianale

Polistena è una cittadina linda, graziosa, quieta, al margine superiore della Piana di Rosarno, ricca di clementine agrumeti e industrie ombreggiata dall’Aspromonte; sembra sommersa nelle vaste boscaglie di ulivi, tra colonnati fantastici e ricami immensi, minutissimi, trapunti di argento, sotto cui scorrono fiumicelli dal nome antico.
Polistena ha saputo costituirsi una fama di genitrice del buon talento artistico. Come Serra San Bruno nel Vibonese, come Rogliano nel Cosentino, Polistena si è preso, quasi  nel centro della provincia estrema il merito di avere raccolto ed infiammato al lavoro le maestranze, di averle fatte prosperare, di avere fecondato un germe prezioso per la nostra civiltà artistica. Quivi, forse da secoli, si preparava in silenzio lo sforzo miracoloso, si rielaborava la sostanza spirituale, mentre si trasmettevano di padre in figlio, di generazione in generazione, gocce di sangue della lontanissima civiltà artistica di Medma, di Locri, di Reggio Calabria. Non si tratta di addentellati retorici.Quella linfa è rivelata,è viva e visibile, in tutto ciò che è vita, umanità, arte, poesia, in quell’angolo solitario della nostra Calabria. E lo svolgimento di rivelazioni e di attività  si può ormai seguire e fissare chiaramente. Polistena è stata madre non matrigna dei suoi ingegni. Ha potuto esserlo non solo per il valore della materia prima: carattere, spontaneità, versatilità; ma anche per la materia seconda, non meno preziosa e indispensabile: mecenatismo del gruppo di cospicue famiglie, che dopo il tramonto dei fastosi principi iberici che la dominavano, e che furono anche dotti e mecenati, si raccolsero nella preferita – perla della piana -. Così avveniva il miracoloso miscuglio di altri tempi e di ben altri gloriosi eventi per la cultura e per l’arte d’Italia; così poteva viversi, e con ritardo, un po di Rinascimento, una briciola di - epoca d’oro – in un punto della penisola tanto ignorato e lontano dalle vie consolari, e dalle penne ornatissime degli scrittori e degli storici. Miracolo vero di forze latenti, liberatrici, rivoluzionarie, che talvolta spaventarono le polizie napoleonica e borbonica; miracolo quasi isolato, di modesti artieri, di piccola gente, di piccole anime, di piccoli borghi. Apparentemente; nella sostanza ciò era ben grande e straordinario, era provvidenziale, mirabile, nel tempo, nelle difficoltà, nel dramma della Calabria e del Mezzogiorno d’Italia. 
E mirabilmente si iniziava allora un cammino lungo e glorioso per l’Artigianato della Piana; le botteghe d’arte, gli artieri del legno, del ferro, della pietra, sentirono e praticarono (per quali vie riappresa !) la dignità alta della loro funzione, e sentirono l’afflato della bellezza. Il canto ingenuo delle nostri arti ascese le scale severe dei sacrari; si diffuse nei borghi vicini l’opera fantasiosa del decoratore, dello stuccatore, dello statuario di Polistena, che poi erano parenti o eredi dei monteleonesi o dei serresi, Le dinastie silenziose, e infaticabili, disperse dalle ansie e dalle traversie politiche, si avviavano ormai, nel risveglio della Patria, verso gli alveari, per il nuovo, intenso lavoro ricostruttore. 
A Polistena esistono, infatti, alcuni dei favi che raccolsero effetti e fatiche di famiglie artigiane, e nettare prezioso per l’arte nostra.

Al margine del poggio della Trinità, nella strada che si parte dalla Matrice e tocca il portone dei Valensise, e poi discende rapida e scabra, vi è la casa dei Jerace. Nella vicina chiesa, costruita dai Rovere, è l’altare della Madonna dell’Itria con gli stucchi di Morano e di Fortunato Jerace, padre del grande scultore Francesco, autore della “Bellona” Polistenese.
Un cenno a parte è doveroso per il lavoro artigianale che diversi anni addietro era molto fiorente, oggi ne risente in modo particolare dall’assenza di validi e gratificati artigiani, da notare che negli ultimi anni un valido fabbro ha realizzato alcune sculture di pregevole valore, naturalmente parliamo dello scomparso Giuseppe LONGO 
    L'artigianato calabrese e Polistenese, ha radici arcaiche, le tradizionali tecniche sono ancora visibili a tal punto che la Polistena  è una delle poche cittadine Calabresi  "occidentali", che può vantare dal punto di vista artistico alcuna mutazione. 
Le tradizioni della civiltà meridionale e della Maga Grecia cono quelle meglio rappresentate per tecnica e dinamica. Sulla fascia jonica, ma anche in quella tirrenica, sui centri dell'Aspromonte e delle serre come pure nella Sila, è facilissimo imbattersi in qualche "catojo", adibito a bottega artigianale ed incontrare le facce scolpite di artigiani e donne che lavorano oggi come ieri i loro prodotti con gli strumenti di duemila anni fa. 
Dal telaio a mano, allo scalpello, al tornio a ruota, col coltellino, nascono capolavori unici e irripetibili seppur con espressioni e disegni millenari. Il popolo calabrese ha conservato le proprie tradizioni ed il gusto per le cose semplici. Qualche decennio fa, tutta questa arte era in mano a pochi anziani che imperterriti costruivano e lavoravano quello che hanno praticato per tutta la vita, oggi, i giovani, invogliati da una sempre maggiore richiesta del mercato per questa arte, si stanno praticando, costruendo una nuova generazione di artigiani. La nuova economia, i nuovi artigiani , purtroppo non hanno impedito che alcune tecniche di lavorazione andassero perdute, come ad esempio la seta. Sono comunque i tessuti il piatto forte dell' artigianato calabrese. Il Museo Nazionale di Reggio Calabria, colleziona testimonianze "moderne" ed antiche di stoffe, tessuti e telai, alcuni del periodo neolitico.  Esiste ancora oggi una Polistena artigiana del ferro battuto e del rame a Serra San Bruno, per l'oro e l'argento Crotone, il vetro a Bagnara, e quello artistico nella nostra cittadina, lavorato con bravura dall’artista locale Francesco Corica,  il vimine e la paglia a Cosenza, Soriano Calabro, San Giorgio Morgeto, Delianuova, Vibo Valentia, Polistena e Gallico, ognuna con disegni finalità e materia prima propria.
L'artigianato di questa terra affonda le sue radici nelle arcaiche tradizioni della civiltà mediterranea e, soprattutto, in quella della Magna Grecia, da cui direttamente discende. La dinamica produttiva non ha storicamente subito interruzioni, tanto da segnare, oggi, un momento di continuità anziché di riproduzione, in quasi tutta la vasta gamma delle sue espressioni.
Anche sotto l'aspetto tecnologico non vi sono stati profondi mutamenti, gli strumenti sono sempre quelli di duemila anni fà: dal telaio a mano, al coltellino,dallo scalpello al tornio a ruota manovrato col piede.
Il popolo calabrese ha conservato nei secoli le proprie tradizioni e il gusto per le cose semplici e genuine; questi sentimenti hanno originato tutto il mondo emotivo che si riflette nell'osservazione diretta della natura circostante. Se poi a questi fattori si aggiungono gli elementi più tipici della cultura popolare calabrese, che ricorre sovente ad arcaici simbolismi, a forme apotropaiche, al senso cosmogonico delle ansie creative, alle ritualità magiche, ne scaturisce una sommatoria di emozioni che rendono ingenue e dense di originalità primitiva le figurazioni, e solidificano l'identità tra erte popolare ed artigianato. La caratterizzazione tipologica dell'artigianato calabrese è piuttosto varia, e si giustifica e si motiva con la realtà storico-geografica della regione stessa. La peninsularità e l'esasperata articolazione orografica hanno impedito l'unitarietà del tessuto connettivo, originando l'esistenza di numerose cellule geomorfologiche.
Nei periodi invernali, allorchè le "fiumare" - unico tramite per l'interno - erano impraticabili per le piene, il persitere di centri medievali collinari, vicinissimi e pur lontani tra loro per la precarietà dei collegamenti, costringevano le comunità all'autosufficenza produttiva. 
Si giustifica, così, il consolidarsi nel tempo della tradizione artigiana, il cui stimolo veniva appunto originato da necessità esistenziali.
Al pari di quello naturalistico e monumentale, il "paesaggio artigiano" calabrese è infatti un paesaggio ricchissimo, scandito da una molteplicitá di manufatti, forme e decori, in cui l´identitá e la specificitá della cultura regionale si esprimono in tutta la loro evidenza. Dalla tessitura all´oreficeria, dalla ceramica al legno, la Calabria offre ancora oggi – verrebbe da dire a dispetto dell´evoluzione della cultura tecnologica e della sua pervasivitá – un repertorio di prodotti, tutti rigorosamente lavorati a mano, in cui la creatività ed il virtuosismo individuale, l´accuratezza dell´esecuzione, la cura del dettaglio, il pregio estetico ed artistico, la preziositá figurativa, raggiungono esiti davvero straordinari e conferiscono all’opera artigiana locale un fascino, un’attualitá e una riconoscibilità simbolica particolarissime. La mostra–mercato allestita nella sede del Parco offre uno spaccato significativo della migliore produzione artigianale calabrese e dell’enorme patrimonio di abilità, saperi e competenze che i maestri artigiani locali si tramandano ormai da generazioni. Un patrimonio che va difeso e valorizzato, innanzitutto imparando a riconoscerlo, apprezzarlo e distinguerlo.
Carmelo Puleio@Copyright 

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